Dopo anni dedicati ad illustrare, per la televisione, i grandi classici della letteratura, dai Promessi sposi ai Karamazov, alla Karenina, Sandro Bolchi si è voluto affrancare dell’etichetta di autore di romanzi sceneggiati. Lo ha fatto per gradi, prima affrontando, meglio, traducendo per il teleschermo autori più vicini a noi, ed è il caso della recente Vigna di uve nere dal romanzo di Livia De Stefani, ora portando in tv una storia sua, Melodramma, pensata per essere pubblicata, a puntate, su un quotidiano, poi tradotta in un tv film in quattro parti da Dante e Daniela Guardamagna ed ora giunto alla messa in onda. Melodramma è, naturalmente, una vicenda che ha come sfondo l’ ambiente della lirica. Un ambiente che Bolchi, da buon emiliano e con le sue centoventi e passa regie d’ opera firmate un po’ in tutto il mondo, conosce benissimo. Suo padre, racconta Bolchi, aveva una bellissima voce di baritono, ma, nonostante questa voce fosse apprezzata nientemeno che da Toscanini, restò, papà Bolchi, cantante dilettante. Melodramma, avendo a protagonista un baritono, è un po’ un omaggio dell’ autore a suo padre. Ma con la figura paterna, pare di capire, a parte la voce, questo Aldo Scotti, le cui vicende sono raccontate in Melodramma, ha poco a che fare. Intanto perchè Aldo Scotti è un cantante affermato, anzi è arrivato nella fase calante della sua carriera, ma siamo a Milano nel 1956, resta pur sempre il protagonista del Rigoletto alla Scala e può contare su un pubblico che lo apprezza ancora. Aldo Scotti (che sullo schermo è Gastone Moschin) è sposato con una cantante francese (Andrea Ferreol), una donna che, come spesso accade alle mogli di personaggi famosi, ha rinunciato, per stare accanto al suo uomo, a una sua autonoma e già bene avviata carriera di cantante. Un bel giorno, a Scotti viene fatta una strana proposta: perchè, lui, famoso Rigoletto sulla scena, non interpreta in un fotoromanzo il ruolo di Rigoletto? Il compenso è più che vantaggioso. La partner una ragazza molto bella. Il fotoromanzo sarà realizzato a Mantova, nei luoghi di Rigoletto. Scotti accetta: sarà Rigoletto in quelli che la moglie difinisce i “tableaux vivants per le serve”. A Palazzo Ducale Scotti incontra la sua partner, che si chiama Iris d’ Amato, diva incontrastata del fotoromanzo anni Cinquanta. E’ bellissima, disinibita, stranamente attratta da quell’ uomo tanto più anziano di lei e così diverso da quelli che è abituata a frequentare. Lui se ne innamora, trascorre con lei, a Mantova, al termine delle riprese, una serata galeotta. Tornato a Milano non fa che pensare a lei, la va a cercare, le chiede di partecipare a uno show televisivo assieme, lei accetta. E fin qui la prima puntata, quella si stasera (RaiUno, ore 20,30), che è poi la meno melodrammatica delle quattro, un po’ perchè, per raccontare l’ ambiente del fotoromanzo, Bolchi inserisce nella vicenda dei caratteri che spezzano il ritmo dell’ azione, dandogli qualche spunto comico, con l’ ambile presa in giro dei tic di un regista altoatesino (Daniele Formica) e di un truccatore romano (Toni Ucci). La tragedia, il melodramma del titolo, è appena accennato nel brutto giro di conoscenze che viene attribuito alla divetta del fotoromanzo. Sarà con il venire in primo piano di questo brutto giro milanese che, dalla prossima settimana, i fatti precipiteranno verso il dramma finale. Girato quasi tutto in presa diretta e in ampex, con esterni a Mantova, Milano, sul lago di Como, Melodramma rappresenta un evoluzione nel modo di fare televisione di Sandro Bolchi. Se la puntata d’ avvio, proprio per il suo disperdersi in descrizioni d’ ambiente, sembra la più lenta e la meno azzeccata nella scansione di un dialogo che, a tratti, suona – come dire – artificioso, man mano che la tragedia prende il sopravvento, grazie anche alla bravura degli interpreti (oltre a Moschin una intensa e bellissima Laura Lattuada), il ritmo dello sceneggiato si fa più stringente, più incalzante, in una parola più vero e al di là di qualche piccola riserva, Melodramma vale comunque una serata da trascorrere davanti al televisore. E poi questo personaggio di protagonista perdente, quest’ uomo eternamente destinato a essere antagonista sulla scena solo per il fatto di avere una voce di baritono, è raccontato con grande affetto, con simpatia autentica, con una tenerezza quasi verdiana.
Melodramma
- Tv
- 1984
Dopo anni dedicati ad illustrare, per la televisione, i grandi classici della letteratura, dai Promessi sposi ai Karamazov, alla Karenina, Sandro Bolchi si è voluto affrancare dell’etichetta di autore di romanzi sceneggiati. Lo ha fatto per gradi, prima affrontando, meglio, traducendo per il teleschermo autori più vicini a noi, ed è il caso della recente Vigna di uve nere dal romanzo di Livia De Stefani, ora portando in tv una storia sua, Melodramma, pensata per essere pubblicata, a puntate, su un quotidiano, poi tradotta in un tv film in quattro parti da Dante e Daniela Guardamagna ed ora giunto alla messa in onda. Melodramma è, naturalmente, una vicenda che ha come sfondo l’ ambiente della lirica. Un ambiente che Bolchi, da buon emiliano e con le sue centoventi e passa regie d’ opera firmate un po’ in tutto il mondo, conosce benissimo. Suo padre, racconta Bolchi, aveva una bellissima voce di baritono, ma, nonostante questa voce fosse apprezzata nientemeno che da Toscanini, restò, papà Bolchi, cantante dilettante. Melodramma, avendo a protagonista un baritono, è un po’ un omaggio dell’ autore a suo padre. Ma con la figura paterna, pare di capire, a parte la voce, questo Aldo Scotti, le cui vicende sono raccontate in Melodramma, ha poco a che fare. Intanto perchè Aldo Scotti è un cantante affermato, anzi è arrivato nella fase calante della sua carriera, ma siamo a Milano nel 1956, resta pur sempre il protagonista del Rigoletto alla Scala e può contare su un pubblico che lo apprezza ancora. Aldo Scotti (che sullo schermo è Gastone Moschin) è sposato con una cantante francese (Andrea Ferreol), una donna che, come spesso accade alle mogli di personaggi famosi, ha rinunciato, per stare accanto al suo uomo, a una sua autonoma e già bene avviata carriera di cantante. Un bel giorno, a Scotti viene fatta una strana proposta: perchè, lui, famoso Rigoletto sulla scena, non interpreta in un fotoromanzo il ruolo di Rigoletto? Il compenso è più che vantaggioso. La partner una ragazza molto bella. Il fotoromanzo sarà realizzato a Mantova, nei luoghi di Rigoletto. Scotti accetta: sarà Rigoletto in quelli che la moglie difinisce i “tableaux vivants per le serve”. A Palazzo Ducale Scotti incontra la sua partner, che si chiama Iris d’ Amato, diva incontrastata del fotoromanzo anni Cinquanta. E’ bellissima, disinibita, stranamente attratta da quell’ uomo tanto più anziano di lei e così diverso da quelli che è abituata a frequentare. Lui se ne innamora, trascorre con lei, a Mantova, al termine delle riprese, una serata galeotta. Tornato a Milano non fa che pensare a lei, la va a cercare, le chiede di partecipare a uno show televisivo assieme, lei accetta. E fin qui la prima puntata, quella si stasera (RaiUno, ore 20,30), che è poi la meno melodrammatica delle quattro, un po’ perchè, per raccontare l’ ambiente del fotoromanzo, Bolchi inserisce nella vicenda dei caratteri che spezzano il ritmo dell’ azione, dandogli qualche spunto comico, con l’ ambile presa in giro dei tic di un regista altoatesino (Daniele Formica) e di un truccatore romano (Toni Ucci). La tragedia, il melodramma del titolo, è appena accennato nel brutto giro di conoscenze che viene attribuito alla divetta del fotoromanzo. Sarà con il venire in primo piano di questo brutto giro milanese che, dalla prossima settimana, i fatti precipiteranno verso il dramma finale. Girato quasi tutto in presa diretta e in ampex, con esterni a Mantova, Milano, sul lago di Como, Melodramma rappresenta un evoluzione nel modo di fare televisione di Sandro Bolchi. Se la puntata d’ avvio, proprio per il suo disperdersi in descrizioni d’ ambiente, sembra la più lenta e la meno azzeccata nella scansione di un dialogo che, a tratti, suona – come dire – artificioso, man mano che la tragedia prende il sopravvento, grazie anche alla bravura degli interpreti (oltre a Moschin una intensa e bellissima Laura Lattuada), il ritmo dello sceneggiato si fa più stringente, più incalzante, in una parola più vero e al di là di qualche piccola riserva, Melodramma vale comunque una serata da trascorrere davanti al televisore. E poi questo personaggio di protagonista perdente, quest’ uomo eternamente destinato a essere antagonista sulla scena solo per il fatto di avere una voce di baritono, è raccontato con grande affetto, con simpatia autentica, con una tenerezza quasi verdiana.